Arboscello odoroso annuale, originario dalle Indie Orientali e dalla Persia. Ve ne sono 22 varietà. Tra queste il Grandiflorum (dall'Africa), che è perenne, e il Minimum annuale dell'Isola di Ceylan. Generalmente si coltiva la specie Ocymum. La Minimum però è la più graziosa. Nel linguaggio dei fiori: Odio. Si semina in Aprile e Maggio in buona terra, esposizione meridiana. Tanto i fiori che le foglie servono per condimento, per confettura e anche per profumo. È molto usato nella Cucina Genovese. In Persia se ne usa per aromatizzare le bibite. Crisippo lo reputava non solo inutile, ma eccitante l'insania, e come era disprezzato dalle capre, doveva fuggirsi dagli uomini e così predicò Galeno, ma i popoli della Mauritania lo avevano per un' esilarante. Il Basilico selvatico detto Brunella, (Brunella vulgaris officinalis) è vantato nelle malattie degli organi respiratori e nella diarrea. Messe le foglie nell'insalata si voleva guarisse le emorroidi. Dal Basilico se ne cava un'olio essenziale. I Genovesi lo conservano nell'olio in vasi o alberelli ben chiusi. E fanno così: pigliano il basilico fresco lo lavano per pulirlo dalla terra, l'asciugano con una salvietta, vi distaccano le foglie, gettano via i gambi e lo pongono in un alberello che si riempie d'olio e si chiude ermeticamente. Così conservato mantiene tutte le sue qualità aromatiche, nè si distingue da quello fresco.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
fiori: Odio. Si semina in Aprile e Maggio in buona terra, esposizione meridiana. Tanto i fiori che le foglie servono per condimento, per confettura e
Il suo nome dall'arabo Kappar. Arboscello ramosissimo, perenne, originario dall'Asia che da Maggio a Luglio dà moltissimi e grandissimi fiori bianchi. Il frutto è una bacca uniloculare di forma elittica, lunga un pollice. Da noi vegeta benissimo sulle vecchie mura e tra le rupi dei colli esposte a mezzodì ed anche a settentrione, purché riparate dai venti. Nel linguaggio dei fiori: Solitudine beata. Nei vasi riesce a stento. Meglio che coi semi, si propaga con rami radicati, mettendoli in qualche crepaccio di muro vecchio e adattandovelo alla meglio con un poco di terra. Rivegeta ogni anno, se si avrà cura di tagliarne i rami al giungere dell'inverno sin presso le radici. Sonvi circa 30 specie di capperi conosciute, molte delle quali coltivate. In Arabia avvene una che cresce fino all'altezza di un'albero. Tutti conoscono l'uso dei capperi, che sono i bottoni dei fiori, ed anche i frutti acerbi che si lasciano appassire all'ombra per qualche giorno e si mettono nell'aceto poi o nell'acqua salata per condire alcune vivande o farne salse speciali. Ai primi freddi si possono raccogliere anche le frondi, farle bollire alquanto all'acqua, acciò perdano l'amaro e ben asciutte accomodarle con aceto e sale e serbarle, come il frutto, per le insalate. Il cappero è rammentato dalla Bibbia nell'Ecclesiaste. Gli antichi gli assegnavano molte virtù e ne usavano per cucina gli Egiziani ed i Romani testi Dioscoride e Plinio. È stimolante e facilita la digestione. In medicina si usa la corteccia della radice e godette già riputazione specialmente nei mali di milza. In Algeria viene usato in decotto contro l'ischiade. Forse là il capparo vi è più attivo che da noi; aveva però già notato Dioscoride che bibitur utilissime in coxarum doloribus. Esternamente la radice contusa e cotta si applica come antisettica, cicatrizzante e stomachica. La scuola di Salerno ci raccomanda: Sit tibi cappàrus solidus rubeus subamarus.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Il suo nome dall'arabo Kappar. Arboscello ramosissimo, perenne, originario dall'Asia che da Maggio a Luglio dà moltissimi e grandissimi fiori bianchi
Il Carciofo della famiglia dei cardoni è un caule di 5 o 6 piedi indigeno. Vuole esposizione meridionale, essere difeso dai freddi, terreno lavorato, asciutto, ricco. Ama molt' acqua, il gelo l'uccide. Si propaga per semi, getti, o meglio per polloni dei vecchi carciofi, in Marzo ed Aprile ed anche in Maggio, in luna vecchia. È una verdura delle più delicate, sana, saporita e ghiotta. Quello che si mangia è il fiore immaturo, che è fatto a scaglie ed à la figura d'una pigna. Sono rinomati quelli di Genova e come migliori quelli di Sardegna. Si mangiano tenerelli crudi coll'olio d'olivo sale e pepe - e cotti all'olio ed al burro. Si digeriscono meglio cotti che crudi, sono più saporiti al burro che all'olio. Dai ricettacoli del carciofo cavasi amido. Dumas nel suo Dizionario di Cucina insegna sedici maniere di cucinare i carciofi. Galeno li calunniava come cibo bilioso: pravi succi est edulium, e Brillant-Savarin, come afrodisiaco. Il sugo del carciofo, fù tenuto da Guitteau e Copermann come succedaneo all'aloe e drastico ad alta dose. Fu usato contro i reumatismi, le sciatiche, l'itterizia e come diuretico nelle idropi. Charrier, Otterbourg, Homolle ed altri lo consigliano nella cura della diarea cronica, e suggeriscono di mangiarne crudi con olio, sale e pepe quattro o sei al giorno. Giova la decozione del carciofo a coloro che patiscono fetore sotto le ascelle, lavandosi con esso. Le foglie del carciofo fresco allontanano le cimici. Varrone insegna che a macerare la semente in sugo di rose, gigli, alloro si à carciofi del sapore di questi. Un cronista napoletano ci tramanda che celebre per cucinare i carciofi fu Cleope da Varafro. Vogliono che il nome di CINARA fosse quello di una bellissima ragazza che Giove quand'era lui al potere mutò in articiocco e cardone, nome che ancor rimase a questi.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
in Maggio, in luna vecchia. È una verdura delle più delicate, sana, saporita e ghiotta. Quello che si mangia è il fiore immaturo, che è fatto a
Il Cardone da Cardo punta, pianta provvista di aculei è un caule biennale indigeno nostro e della Francia meridionale. Nel linguaggio dei fiori — Austerità — dieci varietà. Fa una pannocchia spinosa, non mangiabile, le cui punte rigide alquanto ricurvate servivano a cardare e garzare le saie e i panni onde la parola scardassare. Ama terreno sciolto, grasso, profondo, si semina in marzo aprile e maggio in luna vecchia, assai raro, si sarchia, s'irriga se c'è l'asciutta. Si taglia in novembre e si riseppellisce nel terreno, perchè diventi bianco e tenero e si salvi dal gelo. Del cardo si cibano le coste delle foglie, in inverno. È delicatissimo cotto al burro con cacio parmigiano, se tenero anche crudo con olio sale e pepe od in insalata. Dà alimento leggero e poco nutriente. Avvene parecchie varietà, le più pregiate sono quelle del cardo bianco, o cardo di Milano e quella di Spagna senza spine. Anticamente era un prodotto della sola Sicilia. Oribasio nel lib. 3 al Capo: Della Bontà et malitia dei cibi, dice che chi cerca viver lungamente sano deve fuggire l'uso dei cardi. Alcuni frati adoperavano i fusti colle foglie dei cardi per flagellarsi.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
panni onde la parola scardassare. Ama terreno sciolto, grasso, profondo, si semina in marzo aprile e maggio in luna vecchia, assai raro, si sarchia, s
Il suo nome da Bresic, cavolo. È la pianta erbacea, annuale indigena che tutti conoscono. Vuole terreno lavorato, esposto, teme più il caldo che il freddo. Ve ne sono tante varietà, di precoci e di tardive. Le precoci si seminano in Febbraio e Marzo per averle nella state, le tardive in Aprile e Maggio si trapiantano in Agosto, si raccolgono in Autunno e nel verno ; a salvare i cavoli dal bruco (gattine) circondarli da strisce di fusti di canapa. La varietà del Gambus, (forse dal francese Choux Cabus) Brassica oleacera capitata è meno saporita. Anche del Gambus molte varietà. È distinto quello detto Cavolo Cappuccio di Schweinfurth a testa enorme, a fusto cortissimo - merita d'essere introdotto da noi per la sua straordinaria grossezza, precocità e certa squisitezza. Non è a metter da parte quello di Bruxelles a getti e a mille teste, che à fusto elevato intorno al quale sporgono tante verzette, ricercate per delicatezza di gusto in minestra, o per guarnizione(1). Il cavolo si mangia in cento maniere - nelle minestre - nelle zuppe - in insalata - si mette negli intingoli - serve ad accompagnare i salsicciotti - a far polpette - si condidisce come gli spinacci all'olio, al burro - se ne fà la così detta verzata. Il cavolo è più saporito quando à sentito i primi freddi. Non si deve tagliare col coltello, ma strappare le foglie colle mani, perchè il ferro gli toglie sapore e comunica cattive qualità. Troppo cotto è indigesto e flattulento. Ama molto il burro e specialmente il lardo, va d'accordo colla carne d'animale. Da solo il cavolo vale niente - onde proverbio: El var un càvol, una sverza, per dire che val nulla. I cavoli crudi servono alla preparazione di quelli erbacei fermentati che si conservano e si mangiano chiamati Sauer-Kraut (erba acida) cibo prediletto dei Tedeschi se del quale Marziale :
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Maggio si trapiantano in Agosto, si raccolgono in Autunno e nel verno ; a salvare i cavoli dal bruco (gattine) circondarli da strisce di fusti di canapa
Il suo nome che viene dal greco, significa Forza. Pianticella annuale, indigena, della Spagna e dell'Italia. Si semina in Aprile e Maggio in bona esposizione, fiorisce dal Giugno al Luglio, si raccoglie alla fine d'Agosto. Da noi scarsamente si coltiva perchè cibo piuttosto difficile a digerirsi. E comune invece nella Siria, nell'Egitto ed in altre regioni orientali. Ve ne sono due varietà, la bianca e la oscura, migliore quest'ultima. È coltivato pure in Spagna dove entra come primario ingrediente nella loro olla potrida e lo chiamano garavança. Sono i ceci fra i legumi più difficili a cocersi, e però si devono mettere in bagno d'aqua la sera prima e farli cocere molto, con acqua piovana, e se con quella di pozzo, mettervi della cenere, saranno più teneri e cuoceranno più presto. Da noi si mangia tradizionalmente colla carne porcina il dì dei morti, costumanza che risale agli antichi Romani, in memoria del ratto delle Sabine. Nel genovesato colla farina di cece mescolata ad olio sale ed acqua se ne fà tortellacci, ed un' altra pasta, detta panizze, che si frigge o si mette in stufato(1). Galeno ne parla come di cibo rusticano. I Mauritani ne andavano ghiottissimi. Dioscoride assicura, che il cece dà bel colore alla faccia. Gli antichi ponevano questo legume a segno d'incorruttibilità. I Persiani ne usano anche oggi come rinfrescativo. Vogliono che contenga molto acido ossalico e sia eccellente contro i calcoli, una volta almeno aveva tale virtù con quella di rafforzare la voce. Tra i varj legumi che si usano per adulterare il caffè, il cece è forse quello che meglio degli altri gli si avvicina, per cui in Francia lo chiamano café français, il quale caffè, invece da noi, si chiama semplicemente brœud de scisger. Cicerone fu così chiamato da cicer perchè aveva in cima al naso un bellissimo cece. Nei Vespri Siciliani, coloro che non sapevano pronunciar ceci — si uccidevano — era il riconoscimento di un francese — che rispondeva: sesì.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Il suo nome che viene dal greco, significa Forza. Pianticella annuale, indigena, della Spagna e dell'Italia. Si semina in Aprile e Maggio in bona
Bulbo conosciuto che vuolsi originario dall'Egitto, ma realmente la sua patria è sconosciuta. Ama terreno sostanzioso ma leggiero. Si semina da Febbrajo a Maggio in luna vecchia, fiorisce in Giugno e Luglio, matura in autunno, e si conserva per tutto l'inverno. Nel linguaggio dei fiori: Spia. Si semina pure in estate ed autunno per averle nella successiva primavera. Chi desidera avere cipolline giovani ne semina ogni 15 giorni fino ad Agosto irrigandole, e quando sono della grossezza d'un dito mignolo si trapiantano. La semente conserva la sua virtù di germogliare per tre anni. Molte varietà — le tonde e le depresse, le bianche e le rosse o gialle. Da noi più ricercate per sapore sono sono quelle di Como ed in particolar modo quelle di Brunate. È questa una radice importantissima che fa la sua comparsa cotta e cruda nella ciottola del contadino, e, sotto mentite spoglie, forma la base di tanti manicaretti e salse squisite che si imbandiscono alla tavola del ricco. E condimento ed alimento. Nella cucina milanese la cipolla è come l'aglio uno dei principali suoi ingredienti. Per molti è indigesta; cotta è di più facile digestione che cruda. Vogliono che tagliata a pezzi e lasciata alcun tempo nell'acqua perda la sua acredine e riesca molto dolce. La cipolla fu dagli Egiziani elevata agli onori della divinità. Fra tutte le cipolle era celebre l'ascalonia, così detta da Ascalone, castello della Giudea, dove venivano d'una grossezza e bontà straordinaria. Nelson e Vittorio Emmanuele la mangiavano cruda in insalata ed era uno dei loro cibi prediletti. Fino dall'antichità la cipolla cavava le lagrime, per cui quando vedevasi alcuno piangere, si diceva, teste Aristotele de problematibus: À mangiato, o, à odorato le cipolle. Fu ritenuto anticamente come un cibo callido, massime se cruda e le si conferivano molte virtù. Donava bel colorito al viso, ajutava la digestione, promoveva l'appetito, guariva dalle morsicature dei cani:
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Febbrajo a Maggio in luna vecchia, fiorisce in Giugno e Luglio, matura in autunno, e si conserva per tutto l'inverno. Nel linguaggio dei fiori: Spia. Si
Il Crescione è erba indigena dell'Europa, che fiorisce da Maggio a Luglio (fiorellini bianchi) in luoghi per lo più umidi, lungo i ruscelli, i fiumi, le roccie. Ama l'esposizione del nord e si risemina da sè. Nel linguaggio dei fiori: Piangere. Fornisce una saporita e sana insalata ; per alcuni è però indigesta ; meglio mescolarla alla circoria. La si coce anche per zuppa e minestra, ma cotta perde molto della sua virtù. I rami fioriti, principalmente le foglie anno sapore acre amarognolo che rammenta il ramolaccio, e sfregate mandano un odore forte penetrante. È eminentemente antiscorbutica, e giova nelle affezioni asmatiche o catarrose, nel reumatismo cronico-erratico. In Francia serve di guarnizione all'arrosto. Se ne fanno conserve, elisiri, ecc. In Romagna si chiama canei.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Il Crescione è erba indigena dell'Europa, che fiorisce da Maggio a Luglio (fiorellini bianchi) in luoghi per lo più umidi, lungo i ruscelli, i fiumi
Phaseolus dal greco Phaselos, navicella alla cui forma s'avvicina il fagiolo. Pianticella annuale fecondissima e originaria dalle Indie Orientali, che dà il legume indigeno del fagiolo. Prospera nei terreni freschi e sostanziosi, ma viene quasi dovunque. Teme il freddo e perciò si semina tardi in Aprile, e, nei terreni forti, anche in Maggio. Sono tre le varietà principali: l'arrampicante, il nano, ed il fagiolo dell'occhio. La varietà di Spagna (Phaseolus multiflorus) arrampicante, a grossissimi frutti violetti o bianchi saporitissimi, si può seminare da metà Luglio a metà Agosto, produce fino ai primi geli. Fra i nani, avvi il primaticcio (Phaseolus nanus), eccellente. Pregiato e saporito è anche il tondo (Phaseolus sphaericus), detto da noi borlott. La prima brina uccide il fagiolo. Dei fagioli si mangiano i semi freschi e secchi, e l'involucro loro quando sono immaturi che sono i cornetti. Questo legume nutriente fornisce grande tributo alla cucina, ma è più o meno flattulento a seconda della qualità, quantità e degli stomachi. Vuol essere ben cotto, e cocetelo in acqua piovana o mettetevi della cenere. I migliori sono i verdi e teneri. Colla farina del fagiolo, si tentò farne del pane, mescolandola a quella di frumento , ma riesce pesante, compatto, indigesto. Cotto il fagiolo, passato allo staccio e liberato dalla buccia è digeribile assai, perchè è la buccia la parte indigesta. Il fagiolo accompagna il riso, e fa l'allegria del minestrone, è d'ornamento gratissimo alle salsiccie, ai piatti d'umido, se ne fa eccellenti flan, punto indigesti. L'insalata di fagioli è per gli stomachi robustissimi. I cornetti si mangiano cotti con burro, panna, e insalata. Si mettono in aceto come i citrioli.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Aprile, e, nei terreni forti, anche in Maggio. Sono tre le varietà principali: l'arrampicante, il nano, ed il fagiolo dell'occhio. La varietà di Spagna
Il luppolo è una pianticella indigena arrampicante, le cui radici sono perenni, ma gli steli annuali, nel linguaggio dei fiori – Ingiustizia. - Fiorisce in Giugno e Luglio, trovasi nei luoghi umidi e boschivi. Il suo nome dal latino humus terra umidiccia. Coltivata, dura dai 20 ai 40 anni e più. I giovani getti si mangiano precisamente come gli asparagi tanto conditi, che in minestra, sono tenerissimi e di gradevole gusto. È verdura che si trova in Maggio presso le ortolane e che in Lombardia chiamasi Lovertìs. Questa pianta è molto coltivata in Germania, il cui fiore o cono serve quale principale ingrediente della birra, uso conosciuto fino dagli antichi Egizj. Il luppolo è anche pianta eminentemente medicinale, se ne fanno decotti, infusi, ecc. Da esso abbiamo il lupolino. Nella Svezia si usano i suoi rami lunghi e flessibili quale materia tessile per grossi cordami.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
in Maggio presso le ortolane e che in Lombardia chiamasi Lovertìs. Questa pianta è molto coltivata in Germania, il cui fiore o cono serve quale
Pianta annua dell'Asia, Africa ed America, il cui frutto è bislungo, cilindrico, color pavonazzo, giallo o bruno, a norma della varietà. Si semina in Aprile e Maggio, si coglie in Agosto e Settembre. L'Ovigerum varietà a frutto bianco à la forma dell'uovo e dai Milanesi è detto Oeuf de pola. Vuole buon terreno, molto sole e frequenti irrigazioni. Gli ovali sono i più delicati. La polpa della melanzana è bianca e succosa. Levata la sua innata amarezza, mediante infusione nell'acqua, costituisce un cibo abbastanza grato, nutritivo e di facile digestione. Conviene spogliarla dalla buccia. Concilia il sonno. Si taglia a fette per le zuppe e minestre. Nei paesi caldi, immatura si mangia in insalata e cruda coll'olio e pepe, e cotte si mettono in aceto. In Egitto si cuoce sotto cenere. Nel Genovesato si riempie come le zucchette. Altrove, pelata si taglia a fette, si triffola, si imboraggia coll'ovo e farina e si frigge. Pelata, e bollita in acqua per due minuti, si secca al forno, e si conserva per l'inverno. Colle foglie si fanno decotti, cataplasmi, e questi anche colla polpa del frutto. Il suo nome Melanzana, dal latino Mela insana, perchè la dicevano di difficile cottura e digestione. I Greci, al dire di Galeno la usavano pochissimo. Dioscoride ne predica il gusto innocente. Teofrasto lo accusa di essere di nessun nutrimento. Da noi, il più comune dà il frutto color violetto ed è quello ricordato dal Boccaccio, che ne era ghiotto, nell'Ameto. La parola Meresgian, si dice venga da Mela di Giano, cioè sacra a Giuno. Un proverbio dice:
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Aprile e Maggio, si coglie in Agosto e Settembre. L'Ovigerum varietà a frutto bianco à la forma dell'uovo e dai Milanesi è detto Oeuf de pola. Vuole
La Pastinacca, dal latino pastus, nutrimento, per le sue qualità alimentari è una radice che somiglia la carota, carnosa, bianchiccia, aromatica, biennale. Si semina in Marzo, Aprile, Maggio, in terreno sostanzioso e lavorato profondamente. Ama essere inaffiata d'estate. Si conserva benissimo anche in terra, non teme il gelo. Fiorisce nel Luglio ed Agosto del secondo anno che è stata seminata. Cresce naturalmente nei prati, nei pascoli e tappeti erbosi. Si coltiva negli orti ad alimento. In Italia è poco coltivata. La radice grossa della pastinacca coltivata è saporitissima, si usa cotta in minestra, accomodata col burro ed in insalata. Oltre le radici che sono molto nutritive si mangiano pure le foglie che sono assai buone ed aromatiche. Mérat dice: C' est a notre avis la racine la plus nourissante, celle qui approche le plus de la substance animale sous ce rapport. - Gli Inglesi vogliono che le pastinacche troppo vecchie cagionino il delirio e la follia, onde le chiamano allora Pastinacche matte. Questa gustosissima radice è appunto quella che tagliata a piccoli pezzetti, comunica quel gusto così particolare ed aggradevole che à la Julienne, miscela di vari legumi e verdure disseccate per uso di zuppa che proviene dalla Francia. Se ne fà in Francia una marmellata, che inzuccherata eccita l'appetito, ed è assai propria per i convalescenti. L'imperatore Tiberio amava la pastinacca ed ogni anno ne faceva venire dalla Germania, precisamente da Gelder località renana ove era prelibata, e dove la si pagava come tributo ed imposta. Dioscoride la dichiarò delicata - origratam, ed eccitante l'appetito. Così Plinio ed altri eruditi, la dichiararono utile ai convalescenti e agli ubbriachi - ad vinum transeuntibus. È buon foraggio per le mucche ed il bestiame, ma indebolisce i cavalli e gli asini e fà perdere la vista ai muli.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
, biennale. Si semina in Marzo, Aprile, Maggio, in terreno sostanzioso e lavorato profondamente. Ama essere inaffiata d'estate. Si conserva benissimo anche
Pianticella annua indigena originaria delle Antille, del Brasile e Messico. Si semina in primavera a tutto Maggio, ama gran sole e terreno ricco, fiorisce in estate. Nel linguaggio dei fiori : rabbia. È detto peperone quasi pepe grande. Ve ne sono 10 varietà, tra queste: il comune, lo storto, a ciliegia, dolce del Brasile, tondo, di Spagna, di Voghera detto capsicum grossum, carnoso corto ed altre. Quello di Cajenne è piccolo e più forte di tutti. Tutta la pianta à sapore acre, piccante, calido, ma principalmente i frutti, e del frutto i semi sono più piccanti ed acri del pericarpio. I frutti verdi ed immaturi si conservano per uso di tavola nell'aceto, che ne mitiga l'acredine. Rossi, maturi, essicati e ridotti in polvere, costituiscono ciò che si chiama pimento, o pepe di Cajenne, che à pur esso i suoi usi culinari come la più piccante delle droghe indigene. Altri lo vogliono originario dell'Africa intertropicale, donde fu portato dai negri in America e poi in Europa. I primi che l'introdussero furono i Portoghesi che lo chiamavano pimenta del rabo cioè pepe colla coda. Ma visto che il peperone faceva concorrenza al pepe e temendo di danneggiare il commercio del vero pepe, il re di Portogallo ne proibì l'importazione. Tale peripezia del peperone ce la racconta Carlo Clusio in certe sue annotazioni dell'anno 1582. Comunque sia è certo che a noi pervenne dall'America e che prima era sconosciuto. Si chiama capsicum dal vocabolo greco che significa mordere, per indicare il suo sapore caustico. Il pimento, è uno degli slimolanti più attivi del ventricolo, risveglia l'appetito, corregge il languore e l'atonia intestinale, sopprime le flattuosità ed è rimedio infallibile contro le coliche prodotte da carne di pesce. Caccia le ascaridi, giova contro le emorroidi, secondo l'Accademia di Parigi. Eccellente il pimento per condire verdure, pesci e in certe salse. Il capsicum grossum di Voghera si mangia verde all'olio, e scottato nell'aqua bollente e diviso in quattro parti, toltine i semi si possono imboraggiare e farli fritti. I milanesi dicono anche peveron un naso rosso, grosso e bernoccoluto.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Pianticella annua indigena originaria delle Antille, del Brasile e Messico. Si semina in primavera a tutto Maggio, ama gran sole e terreno ricco
Il Rapunzolo o rapenzolo è una radice erbacea della grossezza del mignolo, perenne, indigena, bianca, fragile, carnosa e tenera. Dà fiori da Maggio a Settembre di un turchino pallido in pannocchia terminali: à seme minutissimo. Il suo nome dalla sua somiglianza colle rape. Si propaga meglio dividendo gli stelloni o la sua radice. Vuole terra leggera e alquanto sabbiosa, esposizione fresca ed ombrosa. Cresce naturalmente intorno alle roccie, ai vecchi muri e nei prati di montagna. Codesta radice è mangereccia, saporita e di bon gusto, ad alcuni riesce un pò indigesta. E fiori e radici forniscono una delle più delicate insalate. Si usa molto in Toscana e massime a Firenze. Si mangia tanto cruda che cotta ed anche fritta. Merita di essere coltivata negli orti per la sua bontà. Il raccolto si fa da Gennajo a Febbrajo e si continua fino a che le piantine non emettano il fusto seminale. Coltivata diviene più grossa. À virtù alquanto tonica. Plinio la chiama Rapa Sylvestre. I Francesi: Petite raiponce de Carême. Un giornale francese raccontava che Béranger era ghiotto di questa radice e ch'era la delizia delle sue dinettes primaverili.
L'orto in cucina - Almanacco 1886
Il Rapunzolo o rapenzolo è una radice erbacea della grossezza del mignolo, perenne, indigena, bianca, fragile, carnosa e tenera. Dà fiori da Maggio a